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STEFANO DI LAURO, UN MITONAUTA DEI NOSTRI GIORNI
Perché scegliere un mito come fulcro di un racconto? Semplice: perché i miti profumano di eternità e sono sempre attuali. Questo è il pensiero di Stefano di Lauro, regista, compositore, drammaturgo e narratore barese, che nei suoi scritti mescola una profonda passione per la mitologia , nonché un’acuta passione per il femminile.
Di Lauro sostiene che la sua scrittura narrativa è debitrice oltre che a certe letture, all’esperienza della traduzione di testi teatrali a lungo praticata nei suoi soggiorni esteri.
“Stare tra due lingue è come passeggiare su un filo. Ti cimenti continuamente con parole che spesso non hanno un corrispettivo, locuzioni da reinventare, sinonimi da ponderare, esigenze ritmiche. La ricerca della fedeltà passa necessariamente attraverso l’infedeltà: il che rende la traduzione un’interessante metafora della vita relazionale.”
Nel 2006 viene pubblicato il suo primo romanzo: ÒperÉ (un acronimo che sta ad indicare Orfeo per Euridice ). Lui trombettista jazz, lei creativa di una multinazionale. Lui abita in un garage, lei in un videogioco. Come nel mito, ma in diverse circostanze, Euridice muore. Riuscirà il giocatore Orfeo a superare le mille insidie di megalopoli hi-tech, e a convincere i sovrani dell’underground (rivisitazione post-moderna degli inferi) a ridarle la vita? E a quale prezzo? Il finale è tutto da scoprire.
Dittico dell’amore osceno è invece il titolo che riunisce due racconti (uno dei quali rivisita il mito di Achille e Pentesilea) in cui si intrecciano amore e morte, passione e oscenità. Quest’ ultima intesa come tutto ciò che è perverso, sudicio, immondo. Tuttavia, il nostro autore presenta ciò che è impuro con una tale delicatezza e poesia che il lettore non può non porsi delle domande come: quale è il limite del consueto? Quando ci si si spinge realmente oltre il buon senso comune? Esiste un comportamento che possa qualificarsi perverso di per sé? La risposta è lasciata all’ intimo sentire di ciascuno di noi.
Più recente la raccolta Eroine_nient’altro da dichiarare. Il titolo è di per sé significativo: come se ad un’ipotetica frontiera si presentassero tutte le donne dell’Odissea, e ancora Arianna, Psiche, Didone, Antigone, dichiarando di non essere altro che eroine, portatrici di vite che sono modelli esistenziali destinati a ripetersi sino alla fine dei tempi. Come nel mondo reale, infatti, si susseguono storie di utopia, di abbandono, di rifiuti, di attese, di amori incompiuti o invece spregiudicati e vissuti alla pari del genus maschile.
Di questo libro mi ha piuttosto incuriosito la riscrittura del mito di Psiche, in cui l’autore giunge a mettere in discussione l’utilità d’una conoscenza approfondita tra due persone che si amano. Il rischio, ci avverte di Lauro, è che l’eccesso di conoscenza possa instaurare una condizione di prevedibilità che spiana la strada all’appiattimento: “ un terremoto all’incontrario, un terremoto che non lascia macerie e disordine ma che costruisce un ordine infernale e una rete di aspettative da deludere.”
Prima di congedarmi da Stefano di Lauro per curiosità gli ho chiesto: “ Cosa ami di più della nostra terra? E se dovesse venire la fine del mondo, quale libro porteresti con te?” Lui sorridendo ha risposto: “ Della nostra terra senz’altro l’enogastronomia. E nel caso d’una apocalisse, tra calzini e schiuma da barba, metterei in valigia Cento anni di solitudine di Marquez, Finzioni di Borges e, naturalmente, l’Odissea, l’abc dell’ avventura umana. Nel caso il mondo non finisse per davvero.”
Buona lettura a tutti gli internauti!
Mariaelena Grimaldi