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Isabella di Morra, la poetessa lucana dal destino infelice
Il castello che diede i natali a Isabella di Morra domina l’antico borgo medievale di Valsinni, i cui vicoli, stretti e concentrici, fanno da cornice ad un paesaggio mozzafiato che si affaccia sul fiume Sinni.
La storia di Isabella Di Morra
Il padre di Isabella di Morra, barone di Valsinni e alleato di Francesco I, fu costretto ad emigrare a Parigi insieme a suo figlio primogenito per sfuggire alle truppe spagnole di Carlo V, che nel frattempo aveva occupato il Sud Italia.
Isabella pertanto rimase con la madre e con gli altri sei fratelli nel castello, dedicandosi agli studi letterari che la portarono in pochissimo tempo a diventare una geniale poetessa. Non è possibile comprendere le sue splendide poesie, che per alcuni critici sono considerate precorritrici del filone leopardiano, se non si conosce a fondo la vita infelice e solitaria di questa donna, che tanto desiderava raggiungere il padre a Parigi.
La corrispondenza epistolare
Isolata dai suoi fratelli e dalla madre, che pare soffrisse di depressione, Isabella Di Morra iniziò un fitto scambio epistolare con il governatore spagnolo di Taranto, Diego Sandoval De Castro, che viveva in un feudo prossimo al paese.
Non è certo se i rapporti tra i due rimasero platonici o diedero origine ad una vera e propria relazione; questo però bastò ai fratelli, di parte francese, per vendicarsi della sorella e porre fine al quel legame con un cavaliere della fazione opposta.
Per motivi politici e di “onore”, dapprima uccisero il precettore di Isabella che gestiva la corrispondenza tra la donna e Diego, e infine pugnalarono Isabella.
La fama di Isabella di Morra si deve a Benedetto Croce, che, incuriosito dalla particolarità delle sue poesie, si recò a Valsinni per indagare più da vicino sulla sua vita e le sue opere, trovando alcune sue poesie, fino ad allora sconosciute, che erano state messe agli atti dopo la morte di Diego per mano dei fratelli di Isabella.
Effettuò inoltre alcuni scavi sotto la chiesa del castello, con la vana speranza di trovare il corpo della giovane donna.
La leggenda del fantasma
Ancora oggi non si conosce il sepolcro di Isabella e questo ha alimentato la leggenda del fantasma della poetessa, che, non avendo ricevuto degna sepoltura, vaga per le stanze del castello e al di sopra dei bastioni.
La statua dedicata a Isabella Morra. A lei, alla sua breve esistenza e produzione poetica riscoperta da Benedetto Croce è dedicato il Parco Letterario che coinvolge l’intero borgo medievale in un viaggio a ritroso nel tempo.
La vita di Isabella viene ripercorsa in versi e musica da menestrelli che accompagnano i visitatori nei periodi estivi per le vie del paese, in un suggestivo itinerario poetico che fa rivivere antiche atmosfere e riscoprire sapori autentici (www.parcomorra.it ).
Morta a soli 26 anni, ci lascia una serie di poesie, alcune profetiche, che testimoniano una sensibilità femminile tale da renderla una delle poetesse più importanti della nostra letteratura.
Torbido Siri,
del mio mal superbo,
or ch’io sento da presso il fine amaro,
fa’ tu noto il mio duolo al padre caro,
se mai qui ‘l torna il suo destino acerbo.
Dilli com’io, morendo, disacerbo
l’aspra fortuna e lo mio fato avaro,
e, con esempio miserando e raro,
nome infelice e le tue onde io serbo.
Tosto ch’ei giunga a la sassosa riva
(a che pensar m’adduci, o fiera stella,
come d’ogni mio ben son cassa e priva!),
inqueta l’onda con crudel procella,
e dì: – M’accrebber sì, mentre fu viva,
non gli occhi no,
ma i fiumi d’Isabella.